Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28704 - pubb. 15/02/2023

Revocatoria ordinaria del curatore e onere della prova del pregiudizio al credito da TFR

Cassazione civile, sez. II, 11 Gennaio 2023, n. 524. Pres. Di Virgilio. Est. Dongiacomo.


Fallimento della società - Azione revocatoria ex art. 66 l.f. - Natura e requisiti sostanziali - Esercizio da parte del curatore a tutela del credito dei dipendenti della società fallita a titolo di trattamento di fine rapporto - Possibilità - Sussistenza - Ragioni - Conseguenze in ordine all’oggetto della prova dell’“eventus damni” - Fattispecie



In caso di fallimento della società, l'azione revocatoria ex art. 66 l.f. può essere esercitata dal curatore, quale rappresentante contemporaneamente sia della massa dei creditori, sia del debitore fallito, anche a tutela della pretesa creditoria dei dipendenti della società a titolo di trattamento di fine rapporto determinato dal fallimento, assumendo rilievo, ai fini della sussistenza del carattere pregiudizievole dell'atto dispositivo del debitore, non il momento dell'esigibilità di tale credito (da individuarsi con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato), ma il fatto che quest'ultimo matura (ed è perciò certo nell'"an" e liquido nel "quantum") con il progressivo svolgimento del rapporto stesso; pertanto il curatore deve allegare e dimostrare: sia la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto all'atto dispositivo pregiudizievole; sia, in deroga ai principi generali, l'idoneità dello stesso a mutare, qualitativamente o quantitativamente, il patrimonio residuo del debitore e a rendere impossibile o più difficile, per natura e dimensioni, il soddisfacimento dei creditori e, quindi, provare che il credito azionato, ancorché inesigibile per essere il relativo rapporto di lavoro, in quel momento, ancora in corso di svolgimento, è rimasto pregiudicato nei termini suindicati. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza del pregiudizio alle ragioni dei creditori preesistenti all'atto impugnato, in quanto il curatore non aveva provato l'inadeguatezza del patrimonio residuo della società poi fallita, ritenendo che non fossero all'uopo valorizzabili i crediti da trattamento di fine rapporto dei dipendenti siccome sorti in epoca successiva all'atto di cessione). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato





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